Don Raso: “Non Temere…” il life motive del ministero episcopale di mons. Bommarito

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Unitamente agli altri ricordi (vedi qui) che abbiamo raccolto in occasione del V anniversario della morte di mons. Luigi Bommarito, che cade il 19 settembre, riceviamo il contributo di don Salvatore Raso che pubblichiamo di seguito.

Il ritornello di tutta la Bibbia sembra essere fondamentalmente “Non Temere…” È questo fu sempre il life motive della vita e del ministero dell’indimenticato Mons. Bommarito che ho avuto insieme a molte altre persone e fratelli nella fede la fortuna di conoscere e praticare negli anni della mia giovinezza e poi fino alla fine dei suoi giorni.

La ricorrenza dei primi cinque anni dalla sua dipartita mi è particolarmente favorevole per sottrarre all’oblio che seppellisce tutto e tutti un qualche ricordo, nello specifico un particolare episodio che conservo indelebilmente impresso nella mia memoria pur essendo già passati quasi quarant’anni.

Correva l’anno 1987 e la personale vicenda di giovane alunno del liceo classico Tommaso Fazello di Sciacca, attraverso la mia vicinanza al cammino ecclesiale si intersecava con la presenza di Mons. Bommarito che era vescovo di Agrigento in quel periodo. Devo dire che in lui il suo ministero di vescovo e la sua attitudine all’attività di ricerca vocazionale erano un tutt’uno. Lui stesso essendosi alcuni anni prima sobbarcato l’onere, con coraggiosa lungimiranza, di riaprire il corso teologico nel seminario di Agrigento si prodigava con impegno diuturno nella ricerca vocazionale in tutto il territorio della nostra provincia ricercando nelle comunità parrocchiali ed ecclesiali i giovani più disponibili in cui lui stesso riconosceva i germi della vocazione da verificare poi nel cammino formativo del seminario.

Così si creava tra il vescovo sempre gioviale, paterno ed effusivo un costante feeling che talvolta era già un’amicizia “in fieri”, si capisce.

Chi ha conosciuto la figura ricorderà la sua amabilità ricca di affettuose, paterne attestazioni di vicinanza che apparivano inaspettate, ma riempivano il cuore di un giovane nella sua prospettiva di ricerca, diciamo, vocazionale. E così andiamo ai fatti! In Via Giuseppe Licata a Sciacca di fronte alla chiesa parrocchiale di San Francesco di Paola retta dal buonissimo Canonico Don Vincenzo Ciaccio, di venerata memoria, vi era una storica merceria di proprietà del signor Gabriele Aversa; un’attività collocata nel centro della città in un locale piuttosto angusto e per quei tempi di sarti e sarte sempre perennemente affollato di acquirenti.

Bisogna dire ai lettori di oggi che allora era molto comune l’uso di confezionare o di sistemare gli abiti a casa con l’apporto di molti che sapevano cucire e realizzare con l’arte sartoriale splendidi abiti, erano gli anni in cui il meraviglioso Carnevale di Sciacca si rafforzava con la presenza di magnifici gruppi mascherati i cui corpi di ballo andavano vestiti con ogni perfezione. Ancora oggi per la verità è così ma internet, l’uso dei mezzi a motore e l’avvento delle cineserie ha trasformato i canali per reperire la merce per i suddetti manufatti.

Ebbene il sig. Aversa viste le floride condizioni del mercato, pensò legittimamente, di ingrandire la sua proposta commerciale in un locale collocato un po’ più avanti sempre nella suddetta via Giuseppe Licata e volendo preparare il futuro dei suoi figli, organizzare un bel momento inaugurale.

Nelle settimane precedenti l’evento, collocato in una calda domenica d’estate, mi raggiunse il titolare, complice il canonico don Vincenzo Ciaccio, e mi espose la sua idea: aveva intenzione di invitare il vescovo di Agrigento per la benedizione dei locali, ma non riusciva a trovare la strada giusta. Non ho capito bene quale strada avesse tentato, perché io allora ero veramente un ragazzo e alla sua richiesta non opposi molte domande, ma offrii la mia disponibilità in modo del tutto incauto nel senso che non mi occupai molto di sapere qualcosa in più, mi bastò sapere che lo voleva il parroco territoriale e mi convinsi che il tentativo di chiedere quella presenza al vescovo l’avrei potuto fare e così feci. Telefonai alla segreteria vescovile chiedendo se fosse possibile realizzare il sogno di un onesto lavoratore e padre di famiglia. Il giorno dopo di buon ora, significa poco prima delle otto, vengo svegliato di fretta da mia madre che mi chiama con un certo timore, ma con allegrezza: “il vescovo ti vuole al telefono” anche mia madre era ancora a letto e rispose dalla camera da letto, mi recai di corsa nella camera da letto di mia madre e saluto: ”buongiorno eccellenza…” e lui prontamente con tono scherzoso e solenne al tempo stesso come lui solo sapeva fare: “chi è questo Salvatore Raso che osa indirizzare l’agenda del Vescovo…” le sue espressioni anche se apparentemente cariche della consapevolezza del suo ruolo erano sempre aperte ad amabilità e benevolenza che lasciava trasparire amicizia affettuosa e paternità vera. Si aprì una immediata conversazione in cui ancora una volta compresi il ruolo del vescovo e il suo taglio di pastore e di padre benevolo e sempre capace di seminare il seme della parola come Angelo della Chiesa. Mi chiese a che ora era la messa vespertina in parrocchia e mi diede subito chiare indicazioni sul da farsi: “io arriverò verso il termine della messa subito dopo la comunione, e così fece, prendo la parola e parlo della canonizzazione (che ci sarebbe stata nell’ottobre prossimo) del Card. Giuseppe Tomasi di Lampedusa e poi dò la benedizione ai fedeli e andiamo tutti in processione sino al locale che dobbiamo benedire”. Il mio cuore pieno di gioia mi spinse subito in giornata stessa a dare la bella notizia al parroco e al signor Aversa e tutti in quei giorni lavorarono per quell’evento e per accogliere la presenza del vescovo. Giunto il pomeriggio di quella Domenica tutti eravamo in fervente attesa, padre Ciaccio invitò mons. Ignazio Di Mino a celebrare la messa delle 17:30 e alle 18:00 in punto finita la distribuzione dell’eucarestia come concordato precedentemente il vescovo fece il suo ingresso in chiesa con gaudio di popolo e campane in festa e ascendendo sull’altare pronuncia un magnifico intervento sul Card. Tomasi dei Principi di Lampedusa ammaliando l’assemblea per le belle parole usate e invitando tutti al pellegrinaggio già in cantiere per il prossimo autunno.

Io che ebbi la fortuna di partecipare a quel pellegrinaggio con mia madre e mio fratello, anche loro voluti presenti dal vescovo a Roma, posso attestare che fu un vero trionfo di popolo con un migliaio di pellegrini convenuti a Roma da tutto il territorio della diocesi. In quell’occasione ero già divenuto alunno del primo anno di seminario e prima di lasciare Roma e il complesso dell’Ergife tutto il seminario con circa quaranta studenti di teologia venne ricevuto in udienza privata nella cappella dell’appartamento apostolico dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Quel viaggio fu realmente un trionfo, ma lui il vescovo, ne sono testimone ci lavorò per diversi mesi, e da Sciacca partì un pullman pieno.

Ma torniamo alla nostra storia che ci porta alla pubblica strada in via Giuseppe Licata. Giunti davanti alla vetrina io sarei voluto sprofondare. Gli avevo detto infatti che si trattava in precedenza di una merceria, con l’allargamento però era diventato un negozio più capiente, ma il titolare aveva allargato la proposta di vendita con i costumi da bagno messi in bella mostra nelle vetrine che erano tappezzate da manichini in costume da bagno;  non conoscevo questa novità e mi sono sentito in forte imbarazzo. Io ero un ragazzo e avevo coinvolto il vescovo in una benedizione di un locale che mi apparve un po’ spinto. C’erano altri sacerdoti fra cui anche l’arciprete del tempo don Andrea Falanga e mi sono sentito come se avessi fatto almeno qualcosa di imprudente: erano gli anni ottanta molto diversi dai nostri di oggi…

Sopraggiunge il vescovo che si attardava lungo il breve tratto di strada a salutare tutti come suo solito e subito coglie il mio timore e la mia difficoltà e mi dice con un sorriso carico di affetto: “ma che bel locale… pensavo fosse una carnezzeria!” in un istante mi riempì il cuore di gioia e mi sollevò dalle paure, mi tolse dal grave incomodo interiore dandomi il segno della comprensione e della fiducia.

Questo fra tanti altri è un vivo ricordo che ho di mons. Luigi Bommarito che poi fu determinante per accogliere da lui la proposta di fare circa un mese dopo a fine agosto gli esercizi spirituali che predicò a tutto il seminario ( studenti di teologia ) e che subito dopo mi resero convinto ad entrare in seminario il 15 settembre 1987. Il ricordo di Mons. Bommarito e dei suoi atteggiamenti paterni resta indelebile nella memoria di tutti quelli che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e di praticarne le virtù. È stato per tutti la proclamazione del “Non Temere… Io sono con te”.