Sul numero 30/2024 del 13/10/2024, pag 4, abbiamo proposto ai nostri lettori la testimonianza inedita sul beato Rosario Angelo Livatino di Enzo Baldacchino, ex funzionario dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Porto Empedocle che ebbe modo di incontrare il giudice in un contesto particolare.
“… Ero un giovane impiegato di Dogana – ci racconta – quando una mattina i militari in servizio della Guardia di Finanza, dopo aver effettuato la prescritta visita a bordo di un mercantile appena attraccato a Porto Empedocle proveniente dalla Turchia e diretto in Germania, mi portarono i documenti di bordo, evidenziandomi che in una stiva c’erano due carri armati (in effetti erano carri motorizzati privi di armamenti, ossia senza cannoncini o mitragliatrici, ma solo i mezzi cingolati, appartenenti alla Nato e destinati in officine tedesche per essere riparati). Le disposizioni legislative dell’epoca prevedevano che quando una nave detiene armi, anche un semplice fucile, non solo armamenti pesanti, prima di entrare nelle acque territoriali deve munirsi, attraverso l’Agenzia marittima cui si appoggia, dell’autorizzazione prefettizia: questi carri armati – perché tali erano stati dichiarati documentalmente dalla parte – non avevano questa autorizzazione, per cui si sarebbe dovuto procedere al sequestro ed alla denuncia all’autorità giudiziaria.
Era un’operazione molto complessa, si sarebbe potuto procedere anche al sequestro del natante, ossia del mezzo con il quale si era compiuto il reato, ed io, ancora giovane ed inesperto, ero sinceramente preoccupato, timoroso di sbagliare: era la prima volta che mi capitava un’operazione del genere, con responsabilità morali e materiali, il blocco di una nave e di dozzine di camion carichi di sale da imbarcare su quel mercantile, con danni per la parte di diversi milioni di lire.
Il giudice Livatino fu estremamente gentile, molto affabile e disponibile. Subito mi tranquillizzò, dicendomi che, una volta che avevo provveduto a comunicare il fatto alla Procura, in ottemperanza alla normativa al tempo vigente, avevo rimesso tutto quanto alla potestà del magistrato e, pertanto, la responsabilità di qualsiasi decisione in merito era esclusivamente sua. Quando salii in Procura a portare la documentazione, mi venne incontro con un sorriso, mi fece accomodare ed insieme, esaminammo le verbalizzazioni e le possibili applicazioni in ordine alle ipotesi di reato. Fu veramente molto disponibile e paziente, trasformando le mie preoccupazioni mattutine in un’occasione di crescita professionale ed umana, ero veramente molto giovane, parliamo di quasi 45 anni fa.
Mi disse che eravamo colleghi (!) perché entrambi lavoravamo per lo Stato ed in favore dei cittadini, per cui, per qualsiasi cosa futura, anche un consiglio, un chiarimento, un confronto, lui sarebbe stato sempre disponibile, l’avrei potuto chiamare senza problemi o remore.
Non ebbi più occasione di incontrarlo, ma quando appresi dalla televisione del suo vile assassinio, i miei occhi si inumidirono e provai un angoscioso nodo alla gola, ricordando la sua gentilezza e la sua disponibilità. Non posso arrogarmi questa capacità e non mi avventuro in giudizi sulla santità, che spettano esclusivamente alla gerarchia ecclesiastica incaricata del relativo processo, ma una cosa posso affermarla senza tema di smentita: era un gigante di umanità, signorilità e professionalità”.
Enzo Baldacchino