S. CALOGERO 2020 – Don Veneziano: “Fede e responsabilità!” don Vutera: “tre segni, tre impegni”

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“L’emergenza sanitaria, che in maniera inattesa ha colpito e sconvolto le nostre comunità e il mondo, ci invita, con maggiore forza e fede, a rinnovare la nostra devozione nei confronti di San Calogero, anche se ci impone misure precauzionali per tutelare la salute di tutti e, quindi, una liturgia essenziale, austera, ma non per questo meno intensa e toccante”. A pronunciare queste parole ,  don  Melchiorre Vutera, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Agrigento,  ieri sera, 18 giugno, in occasione della S.Messa nella memoria liturgica di San Calogero  che si è celebrata nell’omonimo santuario di Agrigento in ossequi alle disposizioni per l’emergenza sanitaria in corso. “Pur in questo stato di quasi solitudine – ha proseguito – , noi qui presenti ci sentiamo circondati dalla fede e dalla raccolta partecipazione dei tanti devoti che in questa ricorrenza abitualmente affollano questo santuario, ma che per le misure di prevenzione non hanno potuto partecipare e di tutti i devoti di San Calogero che, sparsi nella città e nel mondo, ci seguono con costanza e attenzione”. Alla celebrazione – che è stata trasmessa in diretta da Radio Diocesana Concordia –  erano presenti le massime autorità civili e militari della città e provincia di Agrigento, ha concelebrato don Giuseppe Veneziano. Nel Santuario – a causa dei posti ridotti per l’emergenza in corso – la Confraternita di S. Calogero e una rappresentanza  dell’Associazione dei Portatori e dell’Associazione “I Tammura di Girgenti” edi fedeli. A tutti, il vicario generale ha portato il saluto e la benedizione. dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro, fuori sede per impegni pastorali.

L’omelia del Vicario Generale – “Tre Segni, tre impegni”

“La celebrazione liturgica di San Calogero – ha detto nell’omelia –  rappresenta per la nostra

(Statua lignea di S.Calogero che si venera nel Santuario (foto C.Petrone)

comunità agrigentina l’occasione propizia per riscoprire la nostra vocazione e missione nel disegno di Dio”. Don Melchiorre ha poi invitato a guardare il simulacro di san Calogero, per cogliere il senso e il significato di tre segni, su cui si è soffermato. La statua raffigura il santo in età avanzata, col volto scuro, la barba bianca, il bastone, il “Melagoschima, il Vangelo.

  • Il melagoschima” cioè l’abito che i monaci eremiti italo-greci indossavano in numerosi anni di vita ascetica, condotta nelle solitudini delle grotte.
  • Il Vangelo simbolo della “evangelizzazione-comunione”;
  • La Cassetta delle medicine, simbolo della “carità e del servizio”.

Tre segni – ha proseguito don Melchiorre- che ci richiamano tre impegni: quello della ‘solitudine’, della ‘evangelizzazione-comunione’ e del ‘servizio’, attuali oggi, in tempo di pandemia, perfino più che ai tempi del nostro Santo.

  1. Il Melagoschima o abito dei monaci eremiti. Simbolo della “solitudine”. Indossare questo – ha detto – abito significava attenersi a regole severe degli eremiti, a una preghiera costante e al più stretto digiuno. Ecco perché San Calogero comunemente viene chiamato “l’eremita”, uomo solitario che decide di vivere nel silenzio, nella preghiera lontano dalle comodità e dai piaceri della vita…
  2. Come l’Apostolo Paolo – ha detto don Melchiorre –  raccomanda al discepolo Timoteo, così Calogero si ritira sulla montagna o nelle grotte a pregare, adorando il Signore, unico vero bene di tutti e di ciascuno, e intercedendo presso di Lui per la sua gente. La solitudine di Calogero non è né evasione, né fuga, ma atto di amore: analogamente, la solitudine richiesta a tutti noi di fronte al pericolo del Coronavirus micidiale, che ha colpito tanti nella terribile pandemia, non è stata né egoismo, né chiusura, ma atto di prudenza e perfino di amore, se rettamente vissuta. Quanti valori sopiti o dimenticati abbiamo riscoperto in questi giorni di forzato ritiro in solitudine: il valore della famiglia, il valore del dialogo tra marito e moglie, tra genitori e figli, il sapore delle cose fatte in casa, La bellezza dello stare insieme e di relazione con amici e conoscenti, di una stretta di mano o di un abbraccio. San Calogero – ha detto –  ci aiuti, allora, a vivere ancora il distanziamento richiesto fra persona e persona con doverosa responsabilità e concreta carità, affinché possiamo superare uniti la sfida che questa inattesa prova ha rappresentato e rappresenta per noi e ricominciare una nuova vita di relazioni vere e sincere”.
  1.  Il Vangelo tra le mani – simbolo della evangelizzazione-comunione. S. Calogero è’ il santo della evangelizzazione. “Calogero- prosegue – , insieme ad altri suoi confratelli, nel VI secolo è venuto in Sicilia per annunziare il Vangelo che libera e salva. Da Lipari a Sciacca, da Agrigento a Termini Imerese, da Naro a Fragalà, da S. Margherita a Salemi, a Lentini “…con il vangelo che porta tra le mani ci istruisce alle cose nuove…”. Ma a quali cose nuove,  viene da chiederci. Alle “cose nuove di Dio”. Il Vangelo è il lieto annunzio portato da Gesù che ci parla del Padre misericordioso, che ama tutti i suoi figli, che è bontà, amore, misericordia, provvidenza, perdono,  che fa di noi in Cristo la sua famiglia, il suo popolo santo, chiamati a vivere nell’amore, nella verità, nella giustizia, nella fraternità, nell’unità, nella santità. È questa Parola che fa di noi la famiglia dei figli di Dio, che ci rende fratelli gli uni degli altri nella comunione reciproca.
  1. La cassetta delle medicine che porta al braccio, ci ricorda che San Calogero è il santo della carità e del servizio. San Calogero non si è limitato ad evangelizzare, ma a tradurre il Vangelo in opere di amore e carità. Dice la tradizione che essendo intervenuta ai suoi tempi una pestilenza che  faceva tante vittime, si diede da fare per alleviare le sofferenze degli appestati. Aiutato dai suoi fratelli, organizzò un lazzaretto per raccogliere e curare gli appestati e per sfamarli girava per la città a raccogliere la carità della gente. Tutti davano qualche pezzo di pane al santo, ma per paura del contagio glielo gettavano dai balconi. Quella cassetta delle medicine con le quali curava gli appestati, ci parla del grande amore e della grande carità di Calogero, ci dice che egli è il santo ministro di quel “Buon samaritano, che è venuto per chinarsi sulle ferite di tanti poveri malcapitati, per ridare salute e salvezza ai ciechi, agli zoppi, ai lebbrosi. Ministro di quel “Buon pastore” che è venuto “non per i giusti ma per i peccatori”. E’ ministro di quel Gesù che accoglieva i peccatori, che non giudicava e condannava,  ma che invitava a cambiare vita: “… vai e d’ora in poi non peccare più”.

Oggi come allora – ha detto don Melchiorre, sarà la carità solidale ad aiutarci tutti nella prova seguita al dramma della pandemia: la scarsità di mezzi e di lavoro, la privazione, perfino la fame, che non pochi stanno provando, si vinceranno solo insieme, in uno slancio di carità generosa, di amore condiviso, di reciproca sollecitudine e fraternità. Non sappiamo ancora i tempi della ripresa, della rinascita. Ringraziamo il Signore che nella nostra Città non ci sono stati i numerosi contagi e morti come nel nord Italia e in tante altre parti del mondo. Ma anche nella nostra Agrigento – ha ricordato – , come altrove, ci sono famiglie alla “fame”, disoccupati, precari che chiedono aiuto, negozi chiusi, imprese non ancora aperte per la giusta cautela, con risorse stanziate, ma aiuti ancora insufficienti. Ci ritroviamo d’improvviso nudi e in pericolo. E in questo tempo c’è bisogno di sentire che Cristo vive ed è presente tra noi, Risorto e chiede testimoni che, come S. Calogero, sappiano non fuggire dalle situazioni, ma riordinare la propria vita, condividere, non dimenticare ciò che conta veramente, ma preparare il futuro con scelte sociali, politiche ed economiche che ripartano dagli ultimi, dai malati, dalle persone sole, da chi ha perso il lavoro e rischia di chiudere il negozio. Abbiamo bisogno di uomini che abbiamo il coraggio della fede, come S. Calogero, perché non si dimentichino le cause e gli effetti di questa pandemia, che ci richiamino ai veri valori della vita e non si ritorni a vivere nella nostra città come se nulla fosse successo, dimenticando i malati e chi li ha curati, i morti e le loro famiglie, i giovani e il loro futuro. Allora: solitudine come distanziamento responsabile e generoso per curare la vita interiore e la relazione tra noi e con Dio, comunione come attenzione solidale agli altri nella barca comune, che la prova ci ha fatto riscoprire, e servizio pronto e disinteressato, sono il triplice impegno che San Calogero ci chiede con l’eloquenza del Suo esempio: possa lui stesso ottenerci di vivere questa missione come l’ha vissuta lui, per aprirci a un nuovo inizio e ad una rinnovata speranza per tutti. È quanto gli domandiamo, pregando con fede e umiltà: San Calogero – ha concluso – santo amato dagli agrigentini, intercedi per noi, che ci affidiamo alla Tua protezione. Ottienici da Dio l’amore alla vita interiore, per imparare ad ascoltare la voce della Verità ed obbedire ad essa, e una grande carità, che ci faccia operai di giustizia e di pace nell’attenzione ai più deboli e nel servizio al bene comune. Aiutaci con il Tuo esempio e la Tua intercessione a coniugare le due fedeltà, alla terra e al cielo, al mondo presente della nostra città e della nostra terra amata e a quello futuro della Gerusalemme che scende dal cielo, per la vita eterna”.

  Il saluto di don Giuseppe Veneziano – fede è responsabilità

Prima della S. Messa don Giuseppe Veneziano ha salutato e ringraziato i presenti alla celebrazione e ha detto: “Con senso di responsabilità e obbedienza alle regole quest’anno ci atteniamo alle disposizioni che ci vengono date.Responsabilità! Non semplicemente ossequio formale ad una legge esterna; non solo un dovere da espletare perché costretti a farlo; ma una vera e propria esigenza, un dovere morale! Agire in maniera responsabile comporta a volte una limitazione della libertà individuale. Però siamo convinti che solo quando si sceglie il bene per se e per gli altri l’uomo realizza pienamente se stesso e conquista la sua vera libertà. Quest’anno siamo chiamati a compiere un atto d’amore: lo dobbiamo a noi stessi, alle tantissime persone che ci hanno lasciato, lo dobbiamo alle migliaia di medici, infermieri e volontari che hanno rischiato continuano a rischiare la propria vita per salvare quella degli altri. San Calogero – ha concluso –  sarà contento di vederci responsabili , promotori della bellezza, del dono della vita e   rispettosi della legge per non mettere in pericolo la vita propria e quella degli altri e dal cielo invocherà benedizione salute pace alla nostra amata Città”.

Insomma, due interventi, quello di don Melchiorre e di don Giuseppe, che indicano un percorso verso la Festa di Popolo nelle prime due domeniche di Luglio, che, per ovvie ragioni di sicurezza e salute pubblica, quest’anno avrà dei risvolti particolari ancora da concordare e definire con le autorità preposte e nel rispetto delle norme vigenti che chiedono di coniugare fede e responsabilità civile ed ecclesiale.